Datemi

 

Mamma e Papà, che tenerezza nel vostro sguardo! In realtà, non vi ho mai perso: voi continuate ad essere dentro di me, sempre.

Datemi ancora per qualche ora quelle sere d’estate di quando avevo sedici anni, quel pomeriggio a Mantova accompagnato da mio padre a vedere i risultati scolastici e scoprire che ero stato promosso, quella terrazza aperta d’estate in città, quei pomeriggi estivi trascorsi con mio cugino Bruno, col povero zio Giancarlo e il mio povero papà.

Una delle ultime immagini di mamma e papà con Manu. E’ una domenica, appena usciti dalla Messa e davanti alla Chiesa.

   Ridatemi quelle sere passate in oratorio giocando a ping pong, costruendo un giornalino, quelle interminabili partite di calcio sul campetto.

Ridatemi, anche se per un giorno, la serenità di tornare a casa verso sera, sudato, stanco e trovare mia madre che mi chiedeva di lavarmi e sbrigarmi che la cena era quasi pronta.

Gael con mamma e papà.

 Ridatemi le sere trascorse al cinema estivo, le chiacchierate al bar con gli amici.

Ridatemi le prime emozioni nello scoprire l’universo femminile, il mio cuore pulsare all’impazzata, le pazzie per sperare di far breccia. I pomeriggi a Po, il ritorno in bicicletta fra la vegetazione alta, l’odore dell’acqua stagnante, il sole di luglio, la calma assonnata di un paesino della bassa mantovana, i negozi di barbiere da cui si sentiva la radio gracchiare le fasi conclusive del Tour de France, il profumo delle lozioni dopobarba e per capelli.

Gael e Manu a San Benedetto, aprile 2015.

 Datemi ancora una mezz’ora per ritrovarmi, ragazzino, un pomeriggio mentre ascoltavo la sigla di BALLATE CON NOI, “Delicado”, alla radio, con mia zia e mia madre vicine intente a cucire e rammendare. 

Datemi ancora per qualche momento la visione di un mondo sereno, dei miei genitori che cantavano assieme brani d’opera lirica, le speranze di una vita ancora da vivere, il domani, pieno di possibili piaceri e gioiose sorprese.

Tramonto sul Po, dalle mie parti. Le lunghe passeggiate accanto alla sua riva mi hanno aiutato a riflettere.

 Datemi l’energia vitale di quei giorni, a voglia instancabile di uscire, giocare con gli amici, parlare con loro di tutto. 

Datemi ancora una giornata da trascorrere assieme a mamma e papà; magari per fare una passeggiata assieme, sull’argine del Po. Mio papà, un po’ taciturno ma sempre pronto con una battuta a saldare una tenera unione fatta di rispetto ed amore. Mia mamma, con qualche sua domanda sulla mia fede, sulla mia situazione affettiva, sul mio lavoro, pronta a confortarmi e, all’occorrenza, ammonirmi sui pericoli di mancare la mia vita eterna.

Vista dall’argine del Po. Un paesino, una fuga di case.

 E pensare che ora sono loro ad essersela guadagnata con una vita di rinunce, fatta di semplicità e sobrietà, i valori che, poi, alla fine, contano e tutto il resto sono chiacchiere, vanità, piccole e grandi miserie.

Una processione di pini sotto un cielo chiazzato di nuvole, una stradina che scompare in lontananza. Non so dove siamo. Ma è una foto che è come una metafora della vita.

 Certo, lo so bene che ero pieno di ansie e paure, di complessi e fobie. Ancora non capisco come ho fatto a superare gli esami di maturità, data l’idiosincrasia per la matematica. Gioivo tanto, ma ero come prigioniero di complessi che mi impedivano di comportarmi come tanti amici miei. In loro notavo una sicurezza che io non avevo, una disinvoltura che invidiavo.

Non sopportavo i rimproveri, l’essere messo in secondo piano, il sentirmi inferiore intellettualmente agli altri. Mascheravo con una falsa modestia una rabbia impotente che facevo fatica a dominare. Non volevo propormi come leader per paura di essere contestato, deriso. Preferivo stare un passo indietro e bruciavo di rabbia impotente nel vedere che altri ottenevano quel che io avrei voluto.

Il Brenner Express. Venerdì alle 18 partenza da Roma. Arrivo a Ostiglia verso le 23. Papà ad attendermi. Poi a casa

 Spesso preferivo stare solo, nella mia camera, a leggere, che uscire e confrontarmi con gli altri. Spesso mi sentivo inadeguato, ingenuo e sentivo gli altri deridermi e allora mi chiudevo in me stesso e tenevo tutto dentro di me. Non avendo vissuto esperienze con l’altro sesso o relazioni mature con gli altri, quando scoprii l’amore, mi comportai da bambino, senza riflettere, accecato dal sentimento e obnubilato dalla passione. 

Malgrado queste mie debolezze, queste mancanze, questi limiti caratteriali, culturali ed intellettivi, la mia infanzia è stata, tutto sommato, felice. Felice perché sono stato amato e questo è stato il regalo più bello. Felice perché i valori autentici li ho vissuti così senza accorgermene e perché, conoscendoli, non mi è stato difficile praticarli né raggiungerli.

A Salamanca con il mio grande amico Santiago Blázquez. Un’amicizia cominciata nel 1970 a Madrid!

 La mia terra, ad un certo punto, mi stava stretta, è vero, come è logico che sia per un ragazzo che vuole scoprire il mondo. Ma sono contento perché, dopo aver scoperto gli spiragli del mondo, sono tornato alle nebbie, al grigiore atmosferico dei posti miei natali.  

Ricordo quando il venerdì pomeriggio, lasciato il lavoro, prendevo il mio treno, il Brenner Express che partiva alle 18. Quando arrivavo a Bologna, sentivo che l’aria era la mia, quella che conoscevo. Alla stazione di Ostiglia, ancora prima di scendere, vedevo un ometto, sotto la tettoia, in piedi, che mi aspettava, mio papà, il mio caro piccolo e immenso papà, di poche parole, di grande generosità, semplice, bonario, talvolta sanguigno, sempre leale e pronto ad accoglierti, da figliol prodigo ed offrirti il vitello grasso. 

Scendevo, lo abbracciavo, salivamo sulla piccola utilitaria ed arrivavamo a casa ormai a tarda ora, oltre le 23. Entravo in casa e sentivo l’odore tipico di casa mia. Ogni casa ha un suo odore. Ora che non ci sono più i miei, l’odore si sta a poco a poco perdendo ed è come se stessero per morire una seconda volta.

Laillé (Francia). 2015. William, al matrimonio di Manu e Peggy.

 

Ridatemeli quei momenti, per favore.